lunedì 15 novembre 2010

L'Amour Fou : Yves Saint Laurent et Pierre Bergé

Una recensione tardiva, a dieci giorni dalla proiezione del film


I posti per la prima erano esauriti e solo un repentino acquisto dei biglietti per la seconda proiezione al Metropolitan mi ha permesso di vedere questo documentario. Nonostante il film abbia già un distributore italiano (BiM), è meglio non fidarsi. Prodotti del genere raramente vedono la luce del giorno nel nostro bel paese.
Pierre Bergè e Yves Saint Laurent: due nomi che da soli riescono ad evocare dei pezzi di storia del secolo appena trascorso. Due caratteri molto difficili e diversi tra loro, un'unione che tra alti e bassi è durata fino alla morte. Il film ci racconta l'uomo Yves Saint Laurent più che lo stilista. Un mix abbastanza tradizionale di interviste e filmati rari ed inediti compone questo documentario che non brilla certo per originalità 'tecnica', ma che ha dei punti forti che lo fanno emergere dal milieu di film o film tv biografici che vengono regolarmente prodotti.
La pellicola inizia con l'ultima conferenza stampa di Yves Saint Laurent (quella nella quale annunciò il suo ritiro dal mondo della moda) direttamente seguita dal saluto finale di Bergè al funerale dello stilista. La maniera candida e pulita in cui il regista ci lascia entrare nel mondo di questa coppia è potente, commuovente senza scadere in melensi patetismi. Da qui in poi si susseguiranno delle panoramiche delle varie case della coppia (assolutamente incredibile quella in Normandia, in cui ogni stanza era stata nominata in ricordo di vari personaggi dei libri di Proust), profonde 'confessioni' di Bergè e di alcune delle persone che erano vicine a Yves, da Betty Catroux a Loulou de la Falaise, e filmati d'archivio assolutamente inediti. Momenti di tristezza e malinconia si alternano a passi divertenti (non mi era mai capitato di vedere Yves ballare ad un live dei Village People). Alcuni filmati sono assolutamente bizzarri: e chi si aspettava di vedere Saint Laurent e Andy Warhol che conversano amabilmente mentre Mick Jagger li allieta al pianoforte? O anche l'esilarante intervista-questionario di Proust a cui un visibilmente alticcio Yves risponde in maniera buffa. Non penso di averlo mai visto ridere prima di questo film.
Il nucleo centrale del documetario, che (tra le altre cose) segue passo passo lo sfaldamento e la messa all'asta della collezione d'arte della coppia, è l'idea vincente. Così come Bergè ha perso l'amore della sua vita, così si disfa pezzo per pezzo di ciò che con cura e passione avevano collezionato insieme. Le due perdite vanno di pari passo, e danno sostanza al film che oltre ad essere molto itneressante riguardo la figura di Saint Laurent (e di Bergè, che è sempre stato un personaggio molto misterioso), assume anche un aspetto intimo, umano, sentimentale e commuovente. Dopo aver osservato in una lunga panoramica gli inestimabili valori presenti nella loro collezione ( da Goya a Brancusi passando per Picasso e Mondrian), vediamo gli 'avvoltoi' delle case d'aste che vengono a controllare le opere, che poi verranno imballate e portate a Londra, New York e Parigi per essere messe all'asta fino all'ultimo milione di euro. C'è una decadente angoscia che accompagna questo processo di disfacimento della collezione messa in piedi insieme, in 40 anni di vita. Bergè ricorda dove e come alcuni pezzi furono acquistati, e il rapporto intimo che Yves aveva con alcune di quelle opere. Anche i momenti bui verranno ricordati. L'onnipresente depressione, la tristezza, le separazioni, gli abusi di droghe... Quello che emerge è il rapporto tra i due uomini, profondamente, follemente innamorati ed interdipendenti l'uno dall'altro (come dice Bergè 'Tutto tra di noi era stabilito, ognuno aveva il proprio ruolo e la propria mansione, in ogni aspetto della nostra vita'), e l'abisso lasciato dalla morte di questo compagno di vita nell'esistenza di Bergè. Vuoto profondo riecheggiato alla fine dalle immagini della casa vuota, che fino a pochi minuti prima avevamo visto piena delle opere della collezione Bergè-Saint Laurent, che vale la pena di ricordare   in queste immagini tratte dal sito del New York Times:

'Ai tempi della collezione 'Mondrian', non ci saremmo neanche lontanamente immaginati di aver potuto possedere, un giorno, un suo quadro'







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